La dislessia evolutiva è un disturbo specifico che si manifesta all’inizio del processo d’apprendimento della lettura e che colpisce molti bambini. Si tratta di difficoltà a riconoscere le lettere dell’alfabeto, a fissare le corrispondenze tra segni grafici e suoni e ad automatizzare tale processo, vale a dire compierlo in modo rapido e senza sforzo apparente. Questo disturbo colpisce bambini dotati d’intelligenza normale o superiore che pur non avendo né deficit psicologici, neurologici o sensoriali, né problemi ambientali, hanno difficoltà a leggere e scrivere in modo adeguato.
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La
diagnosi di dislessia, preceduta dalla valutazione di un profilo
cognitivo generale, si avvale di test specifici costruiti tenendo
conto del livello di scolarità. Per
riuscire a leggere e scrivere i bambini con dislessia, poiché non
riescono a farlo in maniera automatica, devono impegnare al massimo
le loro risorse, stancandosi di conseguenza molto ed impegnando molto
tempo. Sono lenti, commettono molti errori ed hanno poche energie
attentive da spendere per la comprensione. E’ come se vedessero le
parole sempre per la prima volta e pertanto sono costretti a
procedere tramite una lettura lettera per lettera, senza
automatizzarne il riconoscimento visivo. La
difficoltà di lettura spesso si accompagna a problemi nella
scrittura, nel calcolo e talvolta in altre attività mentali quali
memoria, percezione e linguaggio. La dislessia evolutiva può essere
associata a:
Disgrafia,
disturbo specifico della scrittura caratterizzato da una grafia
illeggibile. Disortografia,
disturbo specifico dell’ortografia ovvero significativa presenza
d’errori ortografici (cuadro/quadro, l’oro/loro, e/è, a/ha,
lacua/l’acqua…). Discalculia,
disturbo specifico relativo alla scrittura e manipolazione dei
numeri, difficoltà di calcolo ed incolonnamento. Disturbi
del linguaggio,
della disfasia ovvero costruzione di frasi sgrammaticate (“Mamma
fatto gioco.”) alle difficoltà di denominazione rapida d’oggetti,
ripetizione di parole rare o nuove, e manipolazione di suoni
linguistici. Difficoltà nell’espressione verbale del pensiero e
povertà lessicale. Disturbi
motori
quali la disprassia ovvero, ad esempio, difficoltà ad allacciarsi le
scarpe ed infilarsi gli abiti. Sono bambini che a causa di deficit
nella coordinazione oculo-motoria appaiono maldestri e goffi,
inciampano negli ostacoli, rovesciano gli oggetti con gran frequenza,
trovano ostico lanciare una palla in un canestro e non riescono a
ripassare le figure andando sopra le linee. Disturbi
d’attenzione ed iperattività. Altre
difficoltà riscontrate riguardano l’apprendimento
d’informazioni in sequenza come
le tabelline, le ore dell’orologio, i giorni della settimana, i
mesi dell’anno, le stagioni e le lettere dell’alfabeto.
Difficoltà
nei rapporti spaziali e temporali:
lateralizzazioni destra/sinistra, alto/basso; ieri/oggi/domani.
Difficoltà
di comprensione del testo scritto,
essendo molte energie attentive impegnate nella decodifica del
messaggio. Difficoltà
ad apprendere le lingue straniere scritte,
in particolare l’inglese a causa della presenza di numerose parole
omofone non omografe, vale a dire parole che si scrivono diversamente
ma che sono pronunciate nello stesso modo e parole omografe non
omofone, scritte in modo uguale ma differentemente pronunciate. Per
i soggetti dislessici non è semplice né copiare dalla lavagna né
prendere appunti, essendo difficoltoso svolgere più azioni
contemporaneamente. Un altro fattore di complessità è costituito
dall’impiego di diversi tipi di carattere per rappresentare le
lettere a causa del bisogno di stabilità per imparare la
corrispondenza tra segni e suoni. I dislessici, spesso, non sono in
grado d’apprendere il corsivo e riescono invece ad utilizzare con
più facilità lo stampatello, poiché più facile da discriminare
dal punto di vista percettivo. Il
susseguirsi di risultati negativi fa sì che lo studente si
percepisca inadeguato ed inferiore ai compagni. Questa situazione lo
porta a sentirsi colpevole, poco amato e talvolta compatito. Le
aspettative negative nei suoi confronti minano la propria autostima,
causano ansia da prestazione, atteggiamenti rinunciatari e la perdita
di fiducia in se stesso. Spesso,
consapevole delle proprie difficoltà, il bambino con dislessia
cercherà di mettere in atto condotte d’evitamento delle situazioni
che richiedono decodifica o produzione di testi scritti inducendo
l’adulto ad interpretare questi comportamenti come sintomi di
svogliatezza e scarso impegno, e a definire gli errori come
distrazioni, sbadataggine e poca voglia di impegnarsi. Ogni
dislessico almeno una volta si è trovato di fronte a qualcuno che,
colpevolizzandolo, ha messo in dubbio la natura neurobiologica delle
sue difficoltà. Di
solito il genitore si trova totalmente impreparato a fronteggiare le
inaspettate difficoltà del figlio. E’ svolgendo le attività
pomeridiane con il bambino che ci si rende conto che non è una
questione di volontà, ma un vero limite. Affrontare giornalmente il
problema dei compiti è snervante; si perde la pazienza perché non
si capisce come mai il bambino non apprende ciò che gli è proposto
con tanta insistenza. Il genitore vive un duplice dramma: da un lato
si trova in una situazione conflittuale e frustrante col suo bambino,
dall’altro riceve segnali negativi dalla scuola. Un provvedimento
importante è affidare il lavoro scolastico a casa ad una persona
diversa dal genitore. In questo modo si ottengono due risultati: si
affida il bambino ad una persona d’esperienza e si preservano i
rapporti affettivi con lui. La figura del tutor può creare le
condizioni per trovare l’equilibrio educativo ed affettivo col
bambino, ed essere nel contempo un alleato per dialogare meglio con
la scuola ed ottenere più ascolto dagli altri docenti della classe. Una
stretta alleanza tra genitori, insegnanti ed esperti del settore è
preziosa. L’accordo tra queste figure è altrettanto importante
quanto la diagnosi precoce e l’avvio tempestivo alla rieducazione
logopedica; un’omogeneità di vedute ed intenti favoriscono la
possibilità di sfruttare il periodo sensibile (prime fasi
d’acquisizione) in cui l’attività di recupero ha la massima
efficacia. La dislessia deve essere affrontata con un approccio educativo che accompagna gli sforzi dello studente con strumenti compensativi, vale a dire supporti tecnologici che semplificano l’attività svolgendo una serie d’operazioni automatiche che il soggetto ha difficoltà a compiere.